Marianna Masciolini ci trascina silenziosamente nelle sue trame filamentose, nelle cuciture morbide del suo ordito sensoriale, nei tracciati vertiginosi della sua natura germinativa.
Carte volumetriche e sculture installative sono il doppio filamento, il DNA della mostra.
Tutte le opere nascono da processi privati che rivelano il passo ascetico della femminilità. Una genesi poeticamente asciutta, aerea nel proprio spiritualismo, dove le monocromie vibranti si accordano alle rime ventose dello spazio. Siamo in un moto volante scandito da piccole e grandi sculture, tra geografie telluriche che galleggiano nell’atmosfera in una ragnatela di connessioni armoniche. Anche le carte ragionano in senso aereo, scandendo la natura materica del processo bidimensionale, l’attrazione del foglio per l’aria oltre la carta. Dentro la vibrazione costante prende forma il linguaggio con i suoi contenuti, la superficie sviluppa metafore, la geometria indica le direzioni del viaggio mentale.
SOL NIGER, uno dei principali progetti in mostra, si compone di carte in cotone su cui l’artista ha cucito fili di seta nera. Le forme indicano geometrie concentriche o dalla prospettiva a imbuto, così da evocare la vertigine di caduta, la perdita nel vuoto cosmico, il viaggio in avanti dello sguardo. Una gravità compressa che nasce dalla fragile disposizione dei fili, da questi strumenti a corda della musica interiore. Cuciture metafisiche che assorbono l’iconografia del Giappone più ascetico, mescolando la concentrazione infinitesimale del gesto con la visione olistica del simbolo. L’artista, non dimentichiamolo, arriva dal palcoscenico teatrale e le opere lo indicano senza sottolinearlo: da una parte rimane vivo il controllo ritmico della complessità, il senso di una spazialità flessibile, il rapporto tra totalità e dettaglio; dall’altra tutto resta sotto le tracce dell’apparenza, il teatro esiste come attitudine istintiva, una radice di fondazione che sostiene il tronco delle visioni.
Le opere come accordature che danno suono cosmico all’ascesi geometrica.
La geometria come campo di riflessione emotiva e attrazione sensoriale.
Il gesto lento per alimentare l’impronta viva della radice femminile.
B.N.R. per dare un acronimo ai tre colori su cui si sviluppa la mostra: il bianco per la carta e l’aria invisibile, colore su cui scrivere la figurazione del mondo; il nero per il contrasto naturale, la dissoluzione cosmica, sorta di portale privilegiato verso la luce; il rosso per la pulsazione organica, il sangue che scorre, il gesto biologico sotto le tracce della pura geometria.
Marianna Masciolini: “Il sole nero arriva all’improvviso e non si riconosce all’inizio, si avverte dentro di noi come uno slancio incondizionato verso qualcosa che chiama e di cui si ha una paura quasi lucida. La chiamata è talmente forte che non lascia scampo, sottende al dare tutto per tutto a cui ci crediamo non esser pronti, sottende al correre verso un nero che è più nero del nero e che senza parole ti suggerisce l’unica strada per la luce. Quando arriva significa un tradimento. Tradimento verso orpelli, costruzioni, finzioni, affabulazioni che erano, prima del suo intervento, diventati le tue finte radici. Ci si trova nella condizione di dover vedere più di quanto si sia stato in grado di vedere prima. Ci si chiede di vedere al buio. E in questo buio paradossalmente la luce del bianco è forza viscerale ancora più presente…”.
Una mostra che ragiona per formule germinative, dove l’oggetto unisce il codice della crescita all’omogeneità della connessione. Micromondo e macromondo sono le radici che fanno germinare l’estetica progettuale, due frangenti che danno scheletro alle opere, aggiungendo un sottofondo “scientifico” a una visione che disegna linee poetiche e volumi emozionali.